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I&S Studio Commercialisti 
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14 set, 2021
I corrispettivi elettronici sono in continua evoluzione, ed il panorama si è ulteriormente arricchito di possibilità a seguito dell’approvazione delle regole tecniche di collegamento degli strumenti di incasso con moneta elettronica (POS) ai registratori telematici. Adottando, su base assolutamente facoltativa, gli strumenti di incasso evoluto gli esercenti potranno godere di un credito d’imposta per le commissioni bancarie maggiorato rispetto a quello ordinariamente concesso, nonché del riconoscimento di un ulteriore credito d’imposta concesso a fronte delle spese da sostenere per l’adeguamento a questa ennesima innovazione. Il Provvedimento 6 agosto 2021, n. 211996, ha disposto le regole tecniche da seguire, al fine di consentire il collegamento degli strumenti di incasso con moneta elettronica (POS) ai registratori telematici. Si tratta di un’opzione concessa agli esercenti, e non di un obbligo, che consente di godere di una serie di benefici, sotto forma di credito d’imposta. Il collegamento degli strumenti di incasso (POS) al Registratore Telematico trasformano il registratore in quello che viene definito “ “sistema di incasso evoluto". Tale provvedimento è stato emanato in data 6 agosto 2021, protocollo n. 211996 (Regole tecniche per il collegamento tra sistemi che consentono forme di pagamento elettronico e strumenti che consentono la memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, ai sensi degli articoli 22, comma 1-ter, e 22-bis, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 e successive modificazioni). Il provvedimento in oggetto altro non ha disposto se non un rinvio al par. 2.1 delle specifiche tecniche del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 28 ottobre 2016 e successive modificazioni e alle relative specifiche tecniche, rinviando eventuali ulteriori modalità a successivi provvedimenti. “Per i Registratori Telematici dotati di dispositivo abilitato al trattamento del pagamento elettronico (es. POS), compresi quelli di dimensioni ridotte e portatili, si precisa che le interazioni tra le componenti principali e le componenti per il trattamento dei pagamenti elettronici devono essere realizzate in modo da assicurare il livello più elevato possibile di continuità operativa delle funzioni del modulo fiscale del Registratore Telematico. Inoltre i dispositivi abilitati al trattamento dei pagamenti elettronici possono essere integrati all’interno dell’involucro del Registratore Telematico, rispettando le seguenti condizioni: 1. il dispositivo per il trattamento dei pagamenti elettronici non deve essere vincolato dal sigillo fiscale, in modo da rendere possibili le operazioni di manutenzione ed assistenza tecnica su di esso senza rimozione dello stesso sigillo. In ogni modo deve essere possibile effettuare gli interventi tecnici per ripristinare il funzionamento del solo modulo fiscale, senza il vincolo al ripristino del funzionamento del dispositivo di pagamento; 2. il dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici non deve interferire sulle funzioni del modulo fiscale; 3. in caso di intervento per manutenzione ordinaria o per guasto della componente fiscale, il tecnico abilitato deve poter rimuovere il sigillo fiscale, procedere alla riparazione e riapplicare il sigillo, ripristinando la funzionalità del modulo fiscale senza che sia necessario l’intervento di altri soggetti manutentori sul dispositivo di pagamento elettronico; 4. il software fiscale ed il software per la gestione dei pagamenti elettronici devono essere strutturalmente e funzionalmente separati, fatto salvo il canale di comunicazione per il necessario scambio dati. In particolare, la transazione innescata dal modulo fiscale verso il sistema di pagamento deve essere eseguita in modo singolo e non ulteriormente divisibile (cd. “operazione atomica”); 5 il dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici può utilizzare la stampante del Registratore Telematico per l’emissione della ricevuta di pagamento; 6. in caso di guasto o malfunzionamento del dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici, ancorché integrato in un unico contenitore, il Registratore Telematico non deve interrompere il proprio funzionamento fiscale; 7. in caso di transazioni effettuate con pagamento elettronico, nella memoria permanente di dettaglio devono essere riportati i seguenti dati: a. Data/ora della transazione bancaria (formato: aaaa/mm/gg hh:mm) b. Modalità dell’operazione (on-line oppure off-line) c. Importo dell’operazione d. Codice autorizzativo (codice univoco della transazione) In caso di Registratore Telematico di ridotte dimensioni (cd. palmare), il dispositivo per il pagamento elettronico potrà essere collocato nella parte del Registratore protetta dal sigillo fiscale. Devono comunque essere assicurate le seguenti condizioni: • in fase di esercizio, il guasto del dispositivo per il pagamento elettronico non deve causare l’interruzione della funzionalità del modulo fiscale dell’apparecchio; • in caso di intervento per manutenzione ordinaria o per guasto del modulo fiscale, il tecnico abilitato deve poter rimuovere il sigillo fiscale, procedere alla riparazione e riapplicare il sigillo, ripristinando la funzionalità del modulo fiscale del Registratore. I Registratori Telematici di ridotte dimensioni (cd. palmare) possono essere dotati di un unico dispositivo di visualizzazione (display) che permetta la contemporanea visione sia all’operatore sia al cliente, in modo tale che quest’ultimo possa leggere i dati di vendita in modo esauriente e comprensibile. La riparazione, o comunque la disponibilità di un apparecchio funzionante, deve avvenire tempestivamente”. Agli esercenti che adotteranno il collegamento dei sistemi di pagamento ai registratori telematici, verranno riconosciuti dei benefici di natura fiscale, in primis un c redito d’imposta su commissioni pagamenti elettronici come di seguito illustrato. - Beneficiari : esercenti attività di impresa, arte o professioni, con ricavi o compensi relativi all'anno d’imposta precedente inferiore a 400.000 euro, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali, a partire dal 1° luglio 2020. - Misura standard del beneficio: credito d’imposta del 30 per cento delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante carte di credito, di debito o prepagate mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili. - Misura maggiorata del beneficio nel caso di adozione di strumenti di incasso evoluti: per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, il credito d'imposta concesso è pari al 100 per cento delle commissioni. Trattasi di credito d’imposta concesso in regime “de minimis”, utilizzabile esclusivamente in compensazione, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR, D.P.R. n. 917/1986. Credito d’imposta per l'acquisto, il noleggio o l'utilizzo di strumenti che consentono forme di pagamento elettronico e per il collegamento con i registratori telematici Con specifico riferimento alle spese sostenute per la transizione ai sistemi di incasso evoluto sono previsti i seguenti crediti di imposta: Acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti che consentono forme di pagamento elettronico, effettuato tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022 (commi 1 e 2): beneficiari: esercenti attività di impresa, arte o professione, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali; misura del credito d’imposta: 70 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare non superiore a 200.000 euro; 40 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 200.000 euro e fino a 1 milione di euro; 10 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro della spesa sostenuta per l’acquisto, il noleggio o l’utilizzo degli strumenti stessi, nonché delle spese di convenzionamento ovvero delle spese sostenute per il collegamento tecnico tra i predetti strumenti, con un massimo di 160 euro per soggetto; acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti evoluti di pagamento elettronico che consentono anche la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi (comma 3): beneficiari: esercenti attività di impresa, arte o professione, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali; misura del credito d’imposta: 100 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare non superiore a 200.000 euro; 70 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 200.000 euro e fino a 1 milione di euro; 40 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro della spesa sostenuta, con un massimo di 320 euro per soggetto. I menzionati crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione, successivamente al sostenimento della spesa e non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR.
27 lug, 2021
In sede di conversione in Legge n. 106/2021 del D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, in materia di locazioni di immobili destinati ad attività commerciali, è stata introdotta una disposizione in base alla quale il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021. Ciò vale ove il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dalla pandemia da Covid-19. La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l’immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’art. 1786 c.c. o all’esercizio di attività teatrali. Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l’attività esercitata o da esercitare nell’immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio. Art. 28, comma 1, Legge n. 392/1978 Per le locazioni di immobili nei quali siano esercitate le attività indicate nei commi primo e secondo dell’art. 27, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e, per quelle di immobili adibiti ad attività alberghiere o all’esercizio di attività teatrali, di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta da comunicarsi all’altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenz a. Ad ogni modo, alla prima scadenza contrattuale, rispettivamente di sei o nove anni, il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione soltanto per i motivi di cui all’art. 29 con le modalità e i termini ivi previsti. Fatta tale doverosa ricostruzione, passiamo ad analizzare le novità introdotte dal D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, convertito dalla Legge n. 106/2021. Il D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, convertito dalla Legge n. 106/2021, prevede una disposizione volta a favorire la rinegoziazione dei contratti di locazione commerciale. Nello specifico, con l’art. 4-bis viene sostituito l’art. 6-novies del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, Decreto “Sostegni”, in materia di locazioni non abitative. L’art. 6-novies del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, nella sua formulazione vigente, prevede un percorso regolato di condivisione dell’impatto economico derivante dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, a tutela delle imprese e delle controparti locatrici, nei casi in cui il locatario abbia subito una significativa diminuzione del volume d’affari, del fatturato o dei corrispettivi, derivante dalle restrizioni sanitarie, nonché dalla crisi economica di taluni comparti e dalla riduzione dei flussi turistici legati alla crisi pandemica in atto. Locatario e locatore sono tenuti a collaborare tra di loro per rideterminare il canone di locazione. Con l’emendamento approvato in fase di conversione in Legge del Decreto “Sostegni-bis”, la disposizione in esame viene integrata con ulteriori previsioni. Nello specifico, viene disposto che il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021: - ove il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dalla pandemia, ovvero - non abbia beneficiato di altri strumenti di supporto di carattere economico e finanziarlo concordati con il locatore anche in funzione della crisi economica connessa alla pandemia stessa. Sarà necessario spiegare cosa si intenda per “misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte” ossia se rientra in tale novero anche il bonus affitti immobili non abitativi di cui all’art. 28 del D.L. n. 34/2020, Decreto “Rilancio”. La rinegoziazione del contratto riguarda, in particolare, i locatari esercenti attività economica che abbiano registrato un ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2021 inferiore almeno del 50 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nell’anno precedente. Si deve trattare di attività sottoposta ad una chiusura obbligatoria per almeno 200 giorni anche non consecutivi dopo l’8 marzo 2020. Ad ogni modo, i contorni operativi della misura appaiono piuttosto incerti. Sempre in materia di rinegoziazione dei contratti di locazione commerciale si segnala un apposito disegno di Legge, concernente la rinegoziazione dei contratti di locazione di immobili destinati ad attività commerciali, artigianali e ricettive per l’anno 2021 in conseguenza dell’epidemia di Covid-19 (Proposta di legge C. 2763-A). Tuttavia la proposta di Legge, ad oggi, risulta del tutto accantonata. Così come da reiezione riportata nel bollettino della Commissione parlamentare Attività produttive, commercio e turismo (X) del 16 giugno scorso.
16 lug, 2021
È stato emanato ieri il provvedimento direttoriale n. 191910 del 15 luglio 2021 con il quale l’Agenzia delle Entrate definisce le modalità di accesso al nuovo credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per COVID-19, di cui all’art. 32 del decreto “Sostegni-bis” (D.L. 25 maggio 2021, n. 73). In particolare: - la norma citata ha introdotto un credito d’imposta del 30 per cento per le spese sostenute nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2021 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per Covid-19; - il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per il 2021; possono usufruirne: a) i soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni; b) gli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo Settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti; c) le strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale, purché in possesso del codice identificativo regionale ovvero, in mancanza, identificate mediante autocertificazione in merito allo svolgimento dell’attività ricettiva di Bed and Breakfast; Inoltre sono ammesse le seguenti spese: - sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività; - somministrazione di tamponi a coloro che prestano la propria opera nell’ambito delle attività lavorative e istituzionali; - acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea; - acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti; - acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui sopra, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione; - acquisto di dispositivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione; La comunicazione contenente l’ammontare delle spese ammissibili sostenute nei mesi di giugno, luglio e agosto 2021, dovrà essere inviata dal 4 ottobre al 4 novembre 2021, utilizzando il modello approvato con il richiamato Provvedimento direttoriale 15 luglio 2021, n. 191910/2021. L’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari al credito d’imposta richiesto, moltiplicato per la percentuale resa nota con apposito provvedimento, che sarà emanato entro il 12 novembre 2021; Il credito d’imposta può essere utilizzato: - nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa; - in compensazione, a partire dal giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento di cui al precedente punto 6.
29 giu, 2021
In sede di Manovra finanziaria 2021 (Legge n. 178/2020, art. 1 commi 20-22-bis ) era stata prevista l’introduzione del cd. “anno bianco contributivo”, ovvero – limitatamente a quanto qui in esame - la possibilità di un esonero parziale dal versamento dei contributi dovuti alla gestione AGO (Artigiani e Commercianti) e Inps Gestione Separata. Le disposizioni contenute in Manovra hanno tratteggiato i presupposti per l’esonero: la percezione nel periodo d’imposta 2019 di un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e l’aver subito nel 2020 un calo del fatturato e dei corrispettivi non inferiore al 33% rispetto a quelli del 2019. La concreta attuazione della misura, ai sensi del comma 21, era stata demandata ad uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi (teoricamente) entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Tale decreto, tuttavia, a tutt’oggi è disponibile solo in bozza, anch’essa ormai “datata” e, incredibilmente, non ancora sostituita da indicazioni definitive. Un ritardo inaccettabile, che già ha comportato un cortocircuito nelle scadenze di versamento dei contributi fissi (prima rata 2021) per artigiani e commercianti; ora, le problematiche aumentano ulteriormente, alla luce del Messaggio Inps n. 2418 del 25 giugno 2021 , con il quale l’Istituto annuncia il rinvio a data da destinarsi del versamento degli acconti 2021 gestione AGO e Gestione Separata, fornendo indicazioni non organiche a seconda della gestione di appartenenza e che, oltre tutto, vanno anche in conflitto con le prime informazioni trapelate in base alla bozza di decreto. Il messaggio INPS n. 2418/2021 Soffermandoci in questa sede su quanto riferito nel nuovo Messaggio Inps n. 2418 del 25 giugno 2021 con riferimento ad Artigiani, Commercianti e iscritti Gestione Separata, dopo una premessa che nuovamente (ed inevitabilmente) rimanda alla problematica dell’assenza di disposizioni attuative relative al cd. “anno bianco contributivo”, si legge: "In relazione alla necessità di consentire che l’iter di attuazione delle normative sopra indicate venga completato e a seguito di espresso nulla osta da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con il presente messaggio si comunica che sono differiti fino a nuova comunicazione i termini di pagamento già scaduti o di imminente scadenza: - delle somme dovute a titolo di primo acconto della contribuzione calcolata sul reddito d’impresa ai fini Irpef per l’anno di imposta 2021 dai soggetti di cui all'art. 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233, interessati dall'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di cui all’art. 1, comma 20 , della legge 30 dicembre 2020, n. 178; - delle somme per il primo acconto dell’anno di imposta 2021 dovute dai soggetti iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e che producono reddito ai sensi dell’art. 53, comma 1 , del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917." Dall’analisi di quanto comunicato emergono numerosi dubbi, e una conferma, sulla quale è bene porre subito l’accento. Il rinvio del versamento non riguarda l’eventuale saldo contributivo dovuto per il 2020. Infatti, il cd. “anno bianco” concede solo l’esonero (parziale) dal versamento dei contributi 2021 (e non 2020). Nel messaggio si rilevano inoltre alcune incongruenze di non poco conto: infatti, per artigiani e commercianti pare di intendere che il rinvio sia circoscritto ai soggetti “interessati dall’esonero”; ciò lascerebbe fuori dalla proroga tutti quei soggetti che non rispettano i requisiti di accesso al beneficio dell’anno bianco. Requisiti che, peraltro, sono ben diversi se si confronta il dettato di norma (Manovra finanziaria) con ciò che era stato annunciato nel decreto in bozza. Vero è che una bozza non ha alcuna validità dal punto di vista normativo, ma altrettanto vero è che questo aspetto dovrebbe essere chiarito, e molto velocemente, per non scoprire a giochi fatti di essersi avvalsi di un posticipo dei versamenti non spettante (quanto ai requisiti richiesti da tale bozza di decreto, che sono più stringenti rispetto a quelli dalla norma, si rinvia al precedente Commento, "In attesa del decreto sull’esonero contributivo la prima rata Inps Artigiani e Commercianti slitta ad agosto"). Peraltro, in base alla bozza di decreto (che a questo punto immaginiamo debba considerarsi come superata, in toto o in parte) l’esonero contributivo poteva riguardare esclusivamente la contribuzione fissa, e mai quella proporzionale; questa indicazione risulta essere assolutamente incompatibile con quella ora fornita, salvo che il messaggio Inps non sia da intendersi solo con riferimento ai quei rari casi nei quali la contribuzione fissa non è dovuta (Affittacamere e produttori di assicurazione di terzo e quarto gruppo - Circolare n. 12 del 22 gennaio 2004 ). Un altro aspetto delicato deriva dal confronto delle indicazioni fornite per la gestione AGO rispetto a quelle fornite per la Gestione Separata. Per quest’ultima, infatti, non viene fatto riferimento ai soggetti “interessati all’esonero”, con ciò potendo immaginare che il rinvio sia generalizzato a favore di tutti gli iscritti. Questa soluzione, tuttavia, non convince, poiché non si comprende perché agli iscritti GS dovrebbe essere concesso un rinvio incondizionato, mentre ad Artigiani e Commercianti no. Conclusioni In conclusione, in assenza di ulteriori chiarimenti si teme che il messaggio Inps qui in commento possa fortemente indurre in errore. Sicuramente sono fuori dal rinvio i versamenti dei saldi relativi all’anno 2020, mentre quanto agli acconti si consiglia di mantenere la massima prudenza. Per artigiani e commercianti, infatti, è difficile ignorare il fatto che la bozza di decreto non concedeva il beneficio con riferimento alla contribuzione proporzionale, così come non si può ignorare che in tale bozza venivano fissati requisiti ben più stringenti; per gli iscritti alla Gestione Separata, invece, la prudenza vorrebbe il rispetto delle scadenze ordinarie nel momento in cui si abbia consapevolezza di non rispettare quanto meno le condizioni minimali previste dalla legge di Bilancio.
27 apr, 2021
I contribuenti che hanno posticipato al 30 aprile il versamento del secondo acconto delle imposte e che ne intendono effettuare il pagamento a rate, entreranno in un vero e proprio groviglio di scadenze fiscali da giugno in poi. Il piano rate concesso per il differimento del secondo acconto delle imposte 2020, stabilito con il dl Ristori (dl 137/2020 ) infatti, si intreccerà e sovrapporrà con il pagamento e le rateizzazioni ordinarie fissate per il saldo 2020 e per gli acconti 2021, la cui scadenza è prevista per il prossimo 30 giugno. Questo caos di scadenze è in realtà prodotto da una norma con finalità agevolativa. Come indicato all'articolo 13-quinquies, comma 5 del dl 137/2020, l'ammontare del secondo acconto delle imposte sospeso e differito al 30 aprile 2021 per una determinata platea di soggetti identificati dalla norma, va effettuato senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 30 aprile 2021. È possibile però pagare anche a rate con un piano composto da quattro scadenze di pari ammontare, con il versamento della prima sempre entro il 30/4/2021. In caso di utilizzo del numero massimo di quattro rate però, le ultime due, in scadenza il 30/6 e il 30/7, si sovrapporranno con i pagamenti delle imposte 2020-2021 il cui termine ordinario di versamento è fissato proprio per il prossimo 30 giugno. Dal groviglio di scadenze non si salveranno neanche i contribuenti che utilizzeranno il termine lungo al 30 luglio 2021 per il pagamento con la maggiorazione dello 0,4%. Ai sensi dell'articolo 17, comma 2 del dpr 435/2001 infatti, il versamento del saldo dovuto con riferimento alla dichiarazione dei redditi e a quella dell'imposta regionale sulle attività produttive da parte delle persone fisiche, delle società o delle associazioni, può essere effettuato entro il trentesimo giorno successivo al termine ordinario, maggiorando le somme da versare dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. Come sopra indicato infatti proprio il 30 luglio 2021 è fissato il termine per il pagamento dell'ultima rata del piano concesso ai contribuenti che hanno optato per il differimento del secondo acconto 2020 ex art. 13-quinquies del dl Ristori. Come se non bastasse il groviglio di scadenze peggiora se, insieme con la rateizzazione del secondo acconto «arretrato» 2020, i contribuenti opteranno anche per il pagamento rateale di saldo e acconti da modello redditi 2021. Ai contribuenti con partita Iva infatti è concesso un piano rate «ordinario» per il pagamento delle somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte con sei scadenze nelle seguenti date: 30 giugno, 16 luglio, 20 agosto, 16 settembre, 18 ottobre e 16 novembre. Il piano rate invece si accorcia e parzialmente cambia per coloro che opteranno del termine lungo di pagamento della prima rata con la maggiorazione dello 0,4%. In questo caso le scadenze diventano cinque il 30 luglio, 20 agosto, 16 settembre, 18 ottobre e 16 novembre. Inutile dire che tra rate di acconti arretrati ed in corso l'errore è alla finestra. Inoltre, a complicarsi non sono solo i versamenti ma anche la compilazione del modelli dichiarativi 2021. Al fine di permettere all'agenzia delle entrate la corretta verifica sulla spettanza dell'utilizzo delle norme che hanno concesso le sospensioni dei versamenti, i contribuenti beneficiari devono manifestarne l'utilizzo compilando il quadro RS. Non redigere il rigo RS480, presente sia nel modello redditi per le persone fisiche sia in quello per le società di capitali, farà scattare l'alert all'agenzia delle entrate che invierà la comunicazione al contribuenti con richiesta del pagamento di sanzioni ed interessi per ritardato versamento del dovuto.
30 mar, 2021
Le modalità di compilazione del modello di istanza per la richiesta del contributo a fondo perduto di cui all’art. 1 del D.L. 22 marzo 2021 n. 41, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021, ed in vigore dal giorno successivo, giungono, a poche ore dall’apertura del canale telematico per la trasmissione delle istanze, alla terza modifica consecutiva nell’arco di pochi giorni. Ancora una volta, ad essere poste sotto la lente di ingrandimento sono le realtà aziendali / professionali che hanno aperto partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019, ovvero quelle realtà alle quali il contributo spetta comunque, quanto meno nella misura minima (che ricordiamo essere stabilita in 1.000 euro per le ditte individuali e 2.000 euro per le società), anche nel caso in cui il fatturato medio 2019 non sia calato rispetto a quello del 2020. Ad essere modificata, questa volta, è la modalità di conteggio del contributo a fondo perduto spettante, laddove il fatturato medio 2020 sia calato rispetto a quello del 2019, ma con uno scostamento che non raggiunge il 30%. Soggetti che beneficiano del CFP in misura almeno minima Prima di tutto occorre ricordare che tutti i soggetti che hanno aperto partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019, hanno diritto al riconoscimento del contributo a fondo perduto almeno in misura minima, a prescindere dal calo di fatturato. Si tratta dei soggetti che: - hanno aperto partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019; - hanno aperto partita IVA a partire dal 1° gennaio 2020; - hanno aperto partita IVA a partire dal 1° gennaio 2021 e tale partita IVA risulta essere già attiva alla data di entrata in vigore del decreto "Sostegni", ovvero il 23 marzo 2021. Ovviamente, quanto sopra a meno che non si verifichi una delle condizioni ostative, ovvero: - partita IVA già cessata alla data del 23 marzo 2021 (salvo che non si tratti di erede che ha aperto una partita IVA successivamente a tale data per - proseguire l’attività del de cuius, titolare di partita IVA prima di tale data); - enti pubblici di cui all’art. 74 del Tuir; - intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis del Tuir. Determinazione del fatturato 2019 per i soggetti che hanno aperto partita IVA nel 2019 Come chiarito dalle istruzioni, per la determinazione del fatturato medio mensile 2019 occorre, laddove la partita IVA sia stata aperta in tale anno, tenere in considerazione al numeratore il fatturato conseguito a partire dal mese successivo a quello di apertura della partita IVA, ed al denominatore i mesi successivi al medesimo mese di apertura della partita IVA. Determinazione del contributo a fondo perduto Come noto, il contributo a fondo perduto viene determinato applicando una percentuale (variabile a seconda dei ricavi/compensi conseguiti nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019) alla differenza tra il fatturato medio mensile 2020 e il fatturato medio mensile 2019. Quanto sopra, per i soggetti la cui partita IVA risulti essere stata attivata entro il 31 dicembre 2018, solo a condizione che i fatturati medi evidenzino un calo nel 2020 rispetto al 2019, di almeno il 30%. Prima della correzione apportata le istruzioni testualmente recitavano: Per soggetti che hanno indicato nell’istanza, barrando la corrispondente casella, di avere attivato la partita IVA dopo il 31 dicembre 2018, il contributo è determinato come segue: - se la differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019 risulta negativa (cioè il dato del 2020 è inferiore almeno del 30 per cento rispetto al dato del 2019), il contributo è determinato applicando alla predetta differenza la percentuale del 60, 50, 40, 30 o 20 per cento a seconda dell’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati nel 2019 (fermo restando il riconoscimento del contributo minimo di cui al punto successivo, qualora superiore); - nel caso in cui, invece, la differenza di cui al punto precedente risulti negativa ma inferiore al 30 per cento, positiva o pari a zero, il contributo è pari all’importo di euro 1.000 per le persone fisiche e di euro 2.000 per i soggetti diversi dalle persone fisiche. La nuova versione delle istruzioni, finalmente aderenti a quanto si poteva evincere dalla lettura del decreto, prevedono, invece che per i soggetti che hanno indicato nell’istanza, barrando la corrispondente casella, di avere attivato la partita IVA dopo il 31 dicembre 2018, il contributo è determinato come segue: - se la differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019 risulta negativa (cioè il dato del 2020 è inferiore rispetto al dato del 2019), il contributo è determinato applicando alla predetta differenza la percentuale del 60, 50, 40, 30 o 20 per cento a seconda dell’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati nel 2019 (fermo restando il riconoscimento del contributo minimo di cui al punto successivo, qualora superiore); - nel caso in cui, invece, la differenza di cui al punto precedente risulti positiva o pari a zero, il contributo è pari all’importo di euro 1.000 per le persone fisiche e di euro 2.000 per i soggetti diversi dalle persone fisiche. Per effettuare il conteggio della somma spettante si rende quindi necessario, in aggiunta ai dati già forniti, verificare anche quale sia la percentuale da utilizzare, guardando ai ricavi tipici del 2019.
23 mar, 2021
Il nuovo contributo a fondo perduto di cui all’art. 1 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (d’ora innanzi “CFP Sostegni”) è caratterizzato da un’impostazione che, in parte, ricorda quella a suo tempo introdotta per il primo contributo a fondo perduto, normato dall’art. 25 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (“CFP Rilancio”) e, in parte, se ne discosta profondamente, come ancora più si allontana dal meccanismo previsto dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (“CFP Ristori”). Da un lato, infatti, viene mantenuto un criterio di accesso legato a un doppio vincolo: il mancato superamento di una determinata soglia di ricavi o compensi, che viene però incrementata, rispetto alla precedente misura, da 5 a 10 milioni di euro, e la definizione di percentuali per il conteggio delle somme spettanti, parametrate alla medesima soglia, decrescenti al crescere della dimensione della realtà aziendale o professionale. Mutuato dal CFP Rilancio è l’ammontare del contributo minimo riconosciuto, pari a 1.000 euro per le persone fisiche e 2.000 euro per le società, mentre del CFP Ristori è stata mantenuta la soglia massima di contributo, pari a 150.000 euro. Dall’altro lato, le differenze sono profonde. Innanzi tutto, il nuovo contributo a fondo perduto non discrimina in alcuna maniera il mondo dell’impresa da quello delle professioni. Anche i professionisti, quindi, sia che siano iscritti alla Gestione Separata INPS, sia che si tratti di soggetti iscritti a Ordini o Collegi professionali, possono accedere al sostegno, nel rispetto delle medesime disposizioni previste per tutti gli altri contribuenti. Rispetto al decreto “Ristori”, invece, viene a essere completamente superata la selezione dei beneficiari in relazione al codice ATECO dell’attività esercitata. Resta per tutti il vincolo connesso a un determinato calo di fatturato/corrispettiv i, ma anche da questo punto di vista la differenza rispetto al CFP Rilancio è importante: il calo richiesto, infatti, non è più di un terzo, bensì del 30 per cento e, soprattutto, non è più da verificarsi con riferimento a una specifica mensilità, bensì guardando al fatturato medio mensile, confrontando il 2020 con il 2019. Quest’ultima previsione, per quanto la percentuale di scostamento richiesta sia di poco diminuita, paradossalmente comporta il fatto che la platea dei potenziali beneficiari non sia così estesa come si potrebbe immaginare; infatti, l’anno 2019 è stato solo in parte condizionato in maniera importante dall’emergenza epidemiologica e il fatto che a fare media siano tutte le mensilità dell’anno 2019 comporta che raggiungere lo scostamento richiesto del 30 per cento non sia così scontato come si potrebbe immaginare. Andiamo nel seguito a delineare tutti i tratti essenziali della norma, al fine di: - individuare i potenziali beneficiari; - eseguire i conteggi necessari per la determinazione del contributo spettante; - esaminare le modalità di richiesta e di fruizione del "sostegno". Beneficiari I potenziali beneficiari del nuovo contributo a fondo perduto, indipendentemente dal regime contabile adottato, sono i soggetti titolari di partita IVA, residenti o stabiliti in Italia: -imprese; - lavoratori autonomi (esercenti arte o professione); - titolari di reddito agrario. Possibili beneficiari del contributo sono anche gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, in relazione allo svolgimento di attività commerciali. Rispetto al CFP Rilancio, non è più prevista alcuna causa ostativa connessa all’esercizio di professione ordinistica o all’iscrizione alla Gestione Separata (art. 25, comma 2 , D.L. n. 34/2020); non sono, inoltre, previste cause ostative connesse ad altre ragioni, quali l’eventuale contemporaneo esercizio di lavoro dipendente o la percezione di un trattamento pensionistico. L’accesso al contributo è in ogni caso precluso: - ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di entrata in vigore del decreto; - ai soggetti che hanno attivato la partita IVA dopo l’entrata in vigore del decreto; - agli enti pubblici di cui all’art. 74 del TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917); - agli intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis del TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). Condizioni Per accedere al contributo a fondo perduto occorre soddisfare una duplice condizione: - l’ammontare dei ricavi/compensi/reddito agrario deve rientrare entro la soglia massima prevista, pari a 10 milioni di euro; - deve essere intervenuta una diminuzione del fatturato/corrispettivi di almeno il 30 per cento, salvo che non si tratti di attività avviate (data di apertura della partita IVA) a partire dal 1° gennaio 2019. Entriamo più nello specifico, andando a individuare a quale lasso temporale occorre fare riferimento per la verifica delle due condizioni riepilogate. Per quanto riguarda la soglia di ricavi/compensi/reddito agrario, fissata in euro 10 milioni, occorre guardare al secondo periodo d’imposta antecedente a quello di entrata in vigore del decreto. Potranno, quindi, accedere al contributo, nel rispetto delle ulteriori condizioni previste, esclusivamente i soggetti che, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, hanno conseguito: -per le imprese: ricavi di cui all’art. 85, comma 1, lett. a) e b), del TUIR, non superiori a 10 milioni di euro; - per i professionisti: compensi di cui all’art. 54, comma 1, del TUIR, non superiori a 10 milioni di euro; - per i soggetti titolari di reddito agrario: reddito di cui all’art. 32 del TUIR non superiore a 10 milioni di euro. Per quanto riguarda la verifica dello scostamento di fatturato/corrispettivi, occorre confrontare: - l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019; - l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020. Per accedere al CFP Sostegni, è necessario che il fatturato medio mensile del 2020 sia inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a quello conseguito, sempre su base media mensile, nel 2019. Per la determinazione del fatturato e dei corrispettivi, occorre fare riferimento, per espressa previsione normativa, alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o prestazioni di servizi. Di conseguenza, occorre fare riferimento alle medesime modalità di determinazione a suo tempo stabilite per il CFP del decreto “Rilancio” (D.L. n. 34/2020 ). Per quanto riguarda i contribuenti che hanno attivato la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019, il decreto prevede, con riferimento alla determinazione del fatturato medio mensile 2019, che: “ai fini della media rilevano i mesi successivi a quello di attivazione della partita IVA”. Pare quindi di intendere che il mese in cui la partita IVA è stata aperta (post 1° gennaio 2019) non debba essere considerato, nella determinazione del valore medio, né al numeratore (fatturato), né al denominatore (mesi). Tuttavia, a favore di questi soggetti – ivi inclusi quindi anche quelli che hanno aperto partita IVA nel 2020, per i quali il riferimento all’anno 2019 è del tutto assente – il contributo viene in ogni caso riconosciuto, quanto meno nella misura minima. Determinazione del contributo Il contributo a fondo perduto spettante viene determinato applicando alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019 una percentuale variabile, in ragione dell’ammontare dei ricavi/compensi/reddito agrario conseguiti nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello di entrata in vigore del decreto. Tali percentuali sono così stabilite: - 60 per cento, per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 100.000 euro; - 50 per cento, per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 100.000 euro e fino a 400.000 euro; - 40 per cento, per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e fino a 1 milione di euro; - 30 per cento, per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro; - 20 per cento, per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro. Schematicamente, il flusso logico di accesso al contributo, e la determinazione del contributo stesso, sono i seguenti: - verifica dei ricavi/compensi/reddito agrario del periodo d’imposta in corso dal 31 dicembre 2019 (quindi, anno 2019 per i soggetti con esercizio coincidente all’anno solare). Questo valore lo definiamo, per semplicità, [SOGLIA], e deve risultare inferiore o uguale a 10 milioni di euro; - verifica del fatturato/corrispettivi mensile medio dell’anno 2019, ovvero fatturato/corrispettivi anno 2019 diviso 12 (o diviso un minor numero di mensilità se la partita IVA è stata attivata nel 2019). Questo valore lo definiamo, per semplicità [MESE19]; - verifica del fatturato/corrispettivi mensile medio dell’anno 2020, ovvero fatturato/corrispettivi anno 2020 diviso 12 (se la partita IVA è stata aperta nel 2020, la divisione per mesi è irrilevante, poiché, mancando il dato storico del 2019, il contributo spetta comunque in misura minima). Questo valore lo definiamo, per semplicità [MESE20]; - verifica dello scostamento: [MESE19] – 30% deve essere inferiore a [MESE20] (salvo che la partita IVA non sia stata aperta a partire dal 1° gennaio 2019); determinazione dello scostamento medio mensile (definiamo questo valore [DIFFMESE]: [MESE2019] – [MESE20]; determinazione del contributo: differenza dei valori medi mensili 2019 e 2020 [DIFFMESE], moltiplicata per la percentuale che dipende dal valore della [SOGLIA], con un minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e 2.000 euro per le società, e un massimo di 150.000 euro, valevole per tutti i contribuenti. Richiesta del contributo a fondo perduto I soggetti che rispettano tutte le condizioni di accesso al contributo a fondo perduto dovranno farne richiesta presentando un’apposita istanza, esclusivamente in modalità telematica. A tale fine, è necessario attendere: l’emanazione di un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate e l’apertura del canale telematico. L’istanza telematica potrà essere trasmessa, alternativamente: - dal contribuente dotato di credenziali per l’accesso all’area riservata dell’Agenzia delle entrate; - tramite un intermediario abilitato alla trasmissione dei dichiarativi (ex art. 3, comma 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322), delegato al servizio del Cassetto fiscale. Per quanto riguarda la trasmissione dell’istanza tramite intermediario, si evidenzia che l’incarico potrà essere affidato dal contribuente esclusivamente a un intermediario che risulti delegato al servizio del Cassetto fiscale. Non è più prevista la possibilità di conferire separata delega o di conferire incarico a un intermediario che sia delegato al solo servizio di consultazione delle fatture elettroniche. A partire dal momento in cui il canale telematico sarà reso operativo, le istanze dovranno essere presentate entro il termine massimo di 60 giorni . Fruizione del contributo a fondo perduto L’ammontare del contributo a fondo perduto spettante potrà essere goduto secondo due modalità tra loro alternative: - accredito sul conto corrente indicato in sede di istanza (similarmente a quanto previsto per il CFP Rilancio); - fruizione sotto forma di credito d’imposta, da utilizzarsi in compensazione con modello F24. La scelta della modalità di fruizione sarà eseguita in sede di presentazione dell’istanza, e sarà irrevocabile. Aspetti fiscali Il contributo a fondo perduto Sostegni è “fiscalmente irrilevante”. Lo stesso, infatti: - non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi; - non rileva, altresì, ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR; - non concorre alla formazione del valore della produzione netta ai fini IRAP.
17 mar, 2021
L’Agenzia delle Entrate ha aggiornato il modello per la richiesta del bonus Sud. Il modello aggiornato deve essere utilizzato per richiedere il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei Comuni del sisma del Centro-Italia e nelle Zone economiche speciali (ZES). L’aggiornamento si è reso necessario in seguito alla proroga disposta dalla Legge di Bilancio 2021 sia per gli investimenti nel Mezzogiorno sia per quelli nelle ZES. La proroga opera fino al 31 dicembre 2022. Il nuovo modello andrà utilizzato a partire dal 31 marzo. Il bonus investimenti al Sud Il bonus investimenti al Sud è disciplinato dai commi 98-108 della Legge n. 208/2015, Legge di Bilancio 2016. L’obiettivo della misura è quello di incentivare gli investimenti in impianti, macchinari e attrezzature varie da destinare alle strutture produttive del Mezzogiorno. L’agevolazione opera in favore delle “zone assistite” ubicate nelle Regioni del Mezzogiorno. Il riferimento è alle Regioni quali Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo. La disciplina è stata oggetto di modifiche nel corso del tempo sia in riferimento alla base di calcolo dell’agevolazione, sia in riferimento al cumulo con altre misure agevolative. Anche la percentuale agevolativa è cresciuta fino al limite delle intensità massime di aiuto previste dalla normativa comunitaria. Con l’art. 18-quater del D.L. n. 8/2017 il credito d’imposta è stato esteso, con alcune modifiche ad hoc, ai Comuni delle Regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpiti dagli eventi sismici succedutisi dal 24 agosto 2016. Inoltre, con l’art. 5 del D.L. n. 91/2017 il credito d’imposta è riconosciuto anche per investimenti effettuati nelle ZES. In tale ultimo caso, il bonus è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro. Le principali caratteristiche della misura possono essere riassunte come di seguito. Tipologia di beni agevolabili Macchinari, impianti e attrezzature varie, voci B.II.2 e B.II.3 dello stato patrimoniale, destinati a strutture produttive nuove o già esistenti. Limite max investimento - 3 milioni di euro per le piccole imprese, - 10 milioni per le medie imprese, - 15 milioni per le grandi imprese. Limiti normativa europea Il credito di imposta è riconosciuto, nel rispetto della Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, approvata con la Decisione C(2014) 6424 final del 16 settembre 2014 della Commissione europea, come modificata dalla Decisione C(2016) 5938 final del 23 settembre 2016, nonché nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Regolamento UE n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 (Regolamento di esenzione). Cumulo con altre agevolazioni Sì, con gli aiuti “de minimis” e con altri aiuti di Stato che insistano sugli stessi costi, sempre che tale cumulo non porti al superamento dell’intensità o dell’importo di aiuto più elevati consentiti dalla normativa europea (Agenzia delle Entrate, circolare n. 12/E/2017). Soggetti esclusi L’agevolazione non si applica ai soggetti che operano nei settori dell’industria siderurgica, carbonifera, della costruzione navale, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, nonché ai settori creditizio, finanziario e assicurativo. L’agevolazione, inoltre, non si applica alle imprese “in difficoltà”. Per i crediti d’imposta Sisma e ZES sono esclusi dal beneficio anche i soggetti che operano nei settori dell’agricoltura e della pesca e acquacoltura. La Legge n. 178/2020, Legge di Bilancio 2021, rispettivamente ai commi 171 e 316, ha prorogato il credito d’imposta fino al 31 dicembre 2022: - sia per le Regioni del Mezzogiorno richiamate dalla disciplina originaria dai già citati commi 98-108 della Legge n. 208/2015, s- ia per le Zone economiche speciali (ZES), allungando la validità delle disposizioni di cui all’art. 5 del D.L. n. 91/2017 (vedi tabella precedente). Per i Comuni colpiti dal sisma a far data dal 24 agosto 2016 l’agevolazione opera per gli investimenti effettuati fino al 30 dicembre 2020. Per fruire del credito d’imposta, le imprese devono presentare all’Agenzia delle Entrate un’apposita comunicazione nella quale devono essere indicati i dati degli investimenti agevolabili e del credito d’imposta del quale è richiesta l’autorizzazione alla fruizione. La comunicazione è presentata avvalendosi del modello/software CIM 17. Il beneficiario può utilizzare il credito d’imposta maturato solo in compensazione presentando il modello F24 esclusivamente tramite Entratel o Fisconline, pena il rifiuto dell’operazione di versamento, a partire dal quinto giorno successivo alla data di rilascio della ricevuta attestante la fruibilità del credito d’imposta. Con il Provvedimento del 9 marzo , l’ Agenzia delle Entrate ha aggiornato modello di richiesta per la fruizione del credito d’imposta. Con il nuovo modello approvato è possibile presentare la comunicazione per la fruizione dei seguenti crediti d’imposta: - credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno (art. 1, commi da 98 a 108, della Legge n. 208/2015); - credito d’imposta per gli investimenti nei Comuni del Centro Italia colpiti dal sisma a far data dal 24 agosto 2016 (art. 18-quater del D.L. n. 8/2017); - credito d’imposta per gli investimenti nelle Zone economiche speciali - ZES (art. 5 del D.L. n. 91/2017). Il nuovo modello andrà utilizzato a partire dal prossimo 31 marzo, sia per le richieste di fruizione presentata a partire da tale data sia per le richieste di rettifica o di rinuncia al credito d’imposta. In tal modo, ha sostituito il precedente modello approvato con Provvedimento direttoriale del 14 aprile 2017, modificato con i Provvedimenti del 29 dicembre 2017 e del 9 agosto 2019. La trasmissione telematica del modello di comunicazione andrà effettuata utilizzando la versione aggiornata del software relativo al credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, denominato “Creditoinvestimentisud” (Cim17), disponibile sul sito dell’Agenzia. Anche la versione aggiornata del software sarà resa disponibile dal 31 marzo 2021.
11 mar, 2021
Nel Decreto “Milleproroghe” (D.L. n. 183/2020), in sede di conversione in Legge, trova spazio l’ estensione al 2021 della detrazione per i lavoratori dipendenti con redditi compresi tra 28.000 e 40.000 euro. Si tratta della norma contenuta nel D.L. n. 182/2020 che aveva “corretto” la svista della Legge di Bilancio la quale, nel prorogare al 2021 l’agevolazione si era dimenticata di specificare che gli importi, naturalmente, raddoppiavano rispetto a quelli originari previsti per il solo secondo semestre 2020. La norma contenuta nel Milleproroghe, però, non si limita ad imbarcare il testo del D.L. n. 182/2020 (che quindi decade senza essere convertito), ma introduce alcune piccole novità. Disciplina sul cuneo fiscale: cosa prevede la norma originaria L’agevolazione è stata introdotta dalla Manovra di Bilancio dello scorso anno ed è entrata in vigore solo dal 1° luglio 2020 in sostituzione del c.d. “Bonus Renzi”, ovvero il bonus di 80 euro mensili introdotto nel 2014 per i redditi non superiori a 26.600 euro, rimasto operativo fino al 30 giugno 2020. A dire il vero si è dovuto attendere il D.L. n. 3/2020 per definire meglio i contorni dell’agevolazione. In sintesi, essa è stata strutturata su due diversi livelli, a seconda del reddito dei lavoratori interessati. Infatti, è stato previsto: - un trattamento integrativo pari a 600 euro per il secondo semestre 2020, che non concorre alla formazione del reddito, per i lavoratori che hanno un reddito complessivo non superiore a 28.000 euro; - una ulteriore detrazione dall’imposta lorda, spettante, sempre per il secondo semestre, ai lavoratori dipendenti che hanno un reddito complessivo superiore a 28.000 euro ma fino a 40.000 euro. Il trattamento integrativo spetta a coloro che non sono “incapienti” e cioè che hanno una imposta lorda di importo superiore a quello della detrazione per lavoro spettante ai sensi dell’art. 13, comma 1, D.P.R. n. 917/1986. Con i decreti anti-Covid (in particolare il Decreto “Rilancio” - art. 128, D.L. n. 34/2020 e “Cura Italia” - artt. da 19 a 22, D.L. n. 18/2020) è stato disposto che: • il bonus è riconosciuto anche nel caso in cui il lavoratore risulti incapiente per effetto del minor reddito di lavoro dipendente prodotto nell’anno 2020 a causa delle conseguenze connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19; • il sostituto d’imposta eroga al lavoratore le somme che quest’ultimo non ha percepito a titolo di bonus 80 euro nel periodo in cui lo stesso ha fruito delle misure a sostegno del lavoro. L’ulteriore detrazione, invece, spetta ai lavoratori dipendenti che hanno un reddito complessivo superiore a 28.000 euro ma fino a 40.000 euro, rapportata al periodo di lavoro, di importo pari a: - 480 euro, aumentata del prodotto tra 120 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 35.000 euro; - 480 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 40.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 5.000 euro. Regole applicabili dal 2021 Mentre per il trattamento integrativo la norma originaria ha già previsto la sua applicazione a regime dal 2021, con un importo pari a 1.200 euro, per l’ulteriore detrazione è stata disposta solo l’applicazione limitata al secondo semestre 2020. In sede di stesura della Legge di Bilancio 2021 (Legge n. 178/2020), si è deciso di estendere tale misura agevolativa anche per il 2021. La norma della Legge di Bilancio, però, per come è stata scritta si prestava a interpretazioni poco chiare. Pertanto è stato necessario (a Legge di Bilancio ormai definitivamente approvata), correre ai ripari con un decreto legge (D.L. n. 182/2020). Tale Decreto ha previsto che l’ulteriore detrazione, per le prestazioni rese dal 1° gennaio 2021, spetta nei seguenti importi: • 960 euro, aumentata del prodotto tra 240 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 35.000 euro; • 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 40.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 5.000 euro. Modalità operative: le novità introdotte dal Milleproroghe Anche dopo tutto l’iter legislativo sopra descritto non sono sostanzialmente mutate le modalità operative. A tal fine, è disposto che i sostituti d’imposta: - devono determinare la spettanza delle agevolazioni e il relativo importo sulla base dei dati reddituali a loro disposizione; - devono effettuare le verifiche di spettanza del trattamento integrativo e dell’ulteriore detrazione fiscale e dei relativi importi in base al reddito previsionale e alle detrazioni riferiti alle somme e valori che saranno corrisposti durante l’anno, nonché in base ai dati di cui entrano in possesso, ad esempio, per effetto di comunicazioni da parte del lavoratore, relative ai redditi rivenienti da altri rapporti di lavoro intercorsi nell’anno di riferimento; - non devono procedere all’erogazione del trattamento integrativo o dell’ulteriore detrazione fiscale nel caso in cui espressamente il lavoratore abbia formulato tale richiesta. Inoltre: - l’importo spettante è determinato in funzione del numero dei giorni di lavoro; - i sostituti d’imposta devono verificare in sede di conguaglio la spettanza delle agevolazioni; - se non risultano spettante, in tutto o in parte, i sostituti d’imposta provvedono al recupero dell’importo; - il credito erogato viene recuperato dai sostituti d’imposta mediante l’istituto della compensazione nell’ambito del modello di pagamento F24. A tal fine va utilizzato il codice tributo 1701 (risoluzione 26 giugno 2020, n. 35/E). Sulle modalità di recupero si registrano alcune novità introdotte dal Decreto “Milleproroghe”. In particolare: • resta confermato che il trattamento integrativo, se erogato in eccesso, viene recuperato, se di importo superiore a 60 euro in 8 rate di pari ammontare, a partire dalla retribuzione che sconta gli effetti del conguaglio; • cambia, invece, la rateizzazione per l’ulteriore detrazione: infatti, il recupero dell’importo non spettante è effettuato in 10 rate (e non più 8) di pari ammontare, a partire dalla retribuzione che sconta gli effetti del conguaglio, qualora lo stesso ecceda 60 euro.
24 feb, 2021
Premessa L’art. 148 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto “Rilancio”), dispone che, per l’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale relativi ai periodi d’imposta 2020 e 2021, possono essere previste ulteriori e specifiche fattispecie di cause di esclusione dall’applicabilità degli ISA, tenendo conto degli effetti della crisi economica e dei mercati conseguenti all'emergenza sanitaria. Con D.M. 2 febbraio 2021, sono state approvate tre nuove cause di esclusione dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il periodo d’imposta 2020. L’evidente finalità è quella di adeguare gli indici alla mutata realtà economica, conseguente all’emergenza sanitaria da Covid-19. Altri interventi sono stati annunciati, al fine di consentire l’adattamento degli indicatori ISA alla straordinarietà dell’anno 2020. Nuove cause di esclusione All’interno di questo quadro normativo è stato emanato il decreto datato 2 febbraio 2021, nel quale sono state previste tre nuove cause di esclusione dall’applicazione degli ISA. La finalità del decreto è quella di escludere la loro applicazione a favore dei soggetti che hanno subito in misura maggiore gli effetti economici negativi della pandemia e impedire che l’applicazione degli ISA porti a: - risultati inattendibili e - non rispettosi della mutata realtà economica, in un anno caratterizzato da grandissime difficoltà economiche. Si è, quindi, voluto evitare che eventuali, e del tutto immotivati, giudizi negativi possano condurre a conseguenze negative sull’affidabilità fiscale presente e futura del contribuente. Più in particolare, è disposto che, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, gli ISA non si applicano nelle tre fattispecie di seguito riportate: - soggetti che hanno subito una diminuzione dei ricavi di cui all’art. 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lett. c), d) ed e), ovvero dei compensi di cui all’art. 54, comma 1, del TUIR, di - - ---- almeno il 33 per cento nel periodo d’imposta 2020 rispetto al 2019; - soggetti che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019; - soggetti che esercitano, in maniera prevalente, una delle 85 attività economiche specificamente individuate tramite appositi codici attività. Prima fattispecie Il criterio è stato individuato dalla diminuzione dei ricavi/compensi di almeno il 33 per cento nel periodo d’imposta 2020 rispetto al 2019, seguendo le stesse “logiche” adottate nell’emanazione del D.L. n. 34/2020 per individuare le condizioni per erogare i contributi a fondo perduto. Rispetto ai criteri del D.L. n. 34/2020, si evidenziano le seguenti differenze: - per individuare le ipotesi di esclusione dall’applicazione degli ISA, si fa riferimento a ricavi/compensi relativi all’intero periodo d’imposta 2020, da confrontare con quelli del 2019 (e non solo al mese di aprile dell’anno di riferimento); - l’elemento di riferimento è l’ammontare dei ricavi/compensi e non più il fatturato. Anche tale scelta è condivisibile, in quanto, per l’applicazione degli ISA, l’elemento “fatturato” è del tutto “estraneo”. Le differenze di approccio, rispetto al decreto “Rilancio”, sono motivate dal fatto che l’ammontare dei ricavi/compensi relativi ai due periodi d’imposta sono individuabili dalle dichiarazioni fiscali; inoltre, l’arco temporale annuale risulta omogeneo con quello di applicazione degli ISA. Seconda fattispecie Sono esclusi dall’applicazione degli ISA i contribuenti che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019, in analogia alle regole previste per la concessione del contributo a fondo perduto previsto dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (cd. decreto “Ristori”). Anche in tale caso, la causa di esclusione consente di superare la difficoltà legata al calcolo della diminuzione dei ricavi del 2020 rispetto all'anno precedente per chi ha iniziato l'attività nel 2019, evitando l'introduzione di nuovi oneri dichiarativi, così come previsto al comma 1 dell'art. 148 del D.L. n. 34/2020. Terza fattispecie La causa di esclusione è direttamente correlata a precedenti disposizioni, che hanno imposto la sospensione delle attività economiche. L’elenco dei codici attività è stato individuato in base alle attività che sono state sottoposte alle misure restrittive di sospensione previste dai D.P.C.M. 24 ottobre 2020 e 3 novembre 2020. Tali attività sono rappresentate da quelle che, per effetto delle norme emanate dopo l’estate, sono state soggette, a livello nazionale o di vaste aree del Paese, a ulteriori sospensioni, che si sono sommate alle chiusure definite nei D.P.C.M. 9, 11 e 22 marzo 2020, effettuando un’attività di riconciliazione tra i comparti di attività economica individuati dai provvedimenti e la corrispondente classificazione Ateco. L’Allegato 2 al decreto in esame anticipa che, in futuro, potranno essere individuati ulteriori codici Ateco, che comporteranno una causa di esclusione dagli ISA (attraverso successivi decreti ministeriali), qualora l’attuale elenco non dovesse risultare esaustivo di tutte le attività economiche particolarmente colpite dalla crisi economica. Obblighi in termini di modulistica I contribuenti esclusi dall’applicazione degli ISA, in base alle nuove ipotesi, sono comunque tenuti alla comunicazione dei dati economici, contabili e strutturali previsti al comma 4 dell’art. 9-bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, anche al fine di garantire la continuità alla banca dati ISA e relativa revisione. Istruzioni alla modulistica Le istruzioni, parte generale, alla modulistica relativa agli ISA 2021 (cfr. Provv. 28 gennaio 2021, n. 27444) hanno recepito le tre citate cause di esclusione e sono contraddistinte dalle seguenti lettere dell’alfabeto: q): che hanno subito una diminuzione dei ricavi di cui all’art. 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lett. c), d) ed e), ovvero dei compensi di cui all’art. 54, comma 1, del TUIR, di almeno il 33 per cento nel periodo d’imposta 2020 rispetto al periodo d’imposta precedente; r): che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019; s): che esercitano, in maniera prevalente, le attività economiche specificamente individuate tramite appositi codici attività. Considerazioni Se l’introduzione delle tre citate cause di esclusione dall’applicazione degli ISA è sicuramente da condividere, al fine di evitare l’applicazione di tale strumento in determinate fattispecie, certamente da sole non sono sufficienti per consentire una corretta valutazione dell’affidabilità fiscale del contribuente. Con particolare riferimento ai codici attività, si evidenzia che rientrano, ad esempio, i codici attività relativi a: - attività del commercio al dettaglio; - grandi magazzini ed empori; - pubblici esercizi, quali: ristoranti, bar, gelaterie; - gestione di funicolari, sklifit e seggiovie (se non facenti parte di sistemi di transito urbano e suburbano); - attività di catering per eventi e banqueting; - corsi di danza, palestre, e attività sportive; - discoteche, sale da ballo, sale giochi e biliardi; - servizi degli istituti di bellezza, manicure e pedicure; - attività di tatuaggio e piercing. Attenzione: Nell’elenco non sono presenti, ad esempio: - alberghi, villaggi turistici, affittacamere, B&B, rifugi di montagna, campeggi e altre tipologie di strutture turistico-ricettive; - l’intero settore del commercio all’ingrosso; - intermediari e rappresentanti di commercio; - professionisti. Saranno necessari ulteriori interventi, anche di carattere “congiunturale”, per introdurre i “giusti” correttivi, che consentiranno di cogliere la straordinarietà del periodo d’imposta 2020. Tali interventi sono rispettosi di quanto previsto dall’art. 148 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto “Rilancio”), e della ratio che ha condotto all’introduzione della norma. Dei correttivi dovranno essere previsti per i tre indici di affidabilità (ricavi/compensi per addetto, valore aggiunto per addetto, reddito per addetto) e per gli indici relativi alla durata delle scorte (considerando tutto quanto si è verificato al riguardo nel 2020; si pensi, a solo titolo di esempio, alla categoria dei fioristi). Altri elementi che necessitano dei dovuti interventi potranno essere: - le giornate di chiusura determinate dalle disposizioni dei D.P.C.M. del 2020; - la riduzione della produttività del settore di appartenenza del contribuente; - la riduzione dei ricavi/compensi 2020 rispetto al 2019; - l’apporto dei soci/collaboratori; - gli indici relativi al personale dipendente; - il coefficiente individuale.
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